Qualche anno fa guardavo i programmi dei viaggi a piedi e pensavo che 25 chilometri al giorno fossero e sarebbero sempre stati fuori dalla mia portata. Anche se programmassi di allenarmi, la mia condizione di salute non mi consentirebbe di godermi un viaggio a piedi con distanze importanti o dislivelli significativi.

Pensavo al cammino di Santiago, ne ascoltavo il racconto di amici che lo avevano percorso, cercavo informazioni per itinerari più semplici, ma non trovavo una soluzione pratica e non riuscivo neanche a mettere da parte l’idea di viaggiare solo armata dei miei piedi.

Da un anno ho iniziato a meditare. Un minuto alla volta, la meditazione è entrata a fare parte della mia quotidianità, mi ha aiutata a rallentare il mio ritmo, a riscoprire i dettagli della vita di ogni giorno che stavo trascurando.

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Da un anno ho iniziato a meditare. Un minuto alla volta, la meditazione è entrata a far parte della mia quotidianità, mi ha aiutata a rallentare il mio ritmo, a riscoprire i dettagli della vita di ogni giorno che stavo trascurando. I piccoli momenti della giornata pianificati per trovare la concentrazione sul momento presente ed evitare di rincorrere i miei pensieri si sono trasformati in un’attenzione nuova, una presenza più consapevole in ogni attimo del giorno. Anche camminare per strada ha acquisito un’intensità diversa, è come se ci fossero più fiori e colori, più sensazioni, più vita.

Prima che arrivasse il coronavirus, e si rendessero necessarie le misure di contenimento che ci hanno costretti in casa, avevo iniziato a camminare nella natura. La mia meditazione si era messa in movimento.

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Prima che arrivasse il coronavirus e si rendessero necessarie le misure di contenimento che ci hanno costretti in casa, avevo iniziato a camminare nella natura. La mia meditazione si era messa in movimento. Non mi interessava l’allenamento o lo sforzo, ma toccare il terreno a ogni passo, sentire la differenza di temperatura dell’aria che inspiravo e di quella che espiravo. Durante i primi passi la mente era invasa dai pensieri quotidiani ma poi, lentamente, si svuotava e trovavo lo spazio per prestare attenzione a tutto ciò che mi circondava. Camminare allontanava l’ansia, mi invitava alla lentezza.

Avevo anche ripreso a ripensare a un viaggio a piedi: camminare senza alcuna valutazione della prestazione, solo la dimensione in cui il viaggio si fa lieve. E finalmente avevo scoperto due itinerari alla mia portata, per le distanze contenute e le pendenze vicine a zero, uno lungo la costa salentina e l’altro lungo la via Francigena. La calma del paesaggio costiero da un lato e, dall’altro, un nuovo punto di vista da cui guardare luoghi che avevo già visitato in passato, alla velocità tipica degli spostamenti in auto.

Finalmente avevo scoperto due itinerari alla mia portata, per le distanze contenute e le pendenze vicine a zero, uno lungo la Costa Salentina e l’altro lungo la via Francigena.

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Adesso che l’attesa per tornare in relativa libertà all’aria aperta si è ormai conclusa e che è possibile spostarsi tra le regioni, inizio a vedere il viaggio a piedi anche come un’ottima alternativa per riprendere a viaggiare senza preoccupazioni. Perché non è affatto semplice tornare per strada e ripartire là dove la vita all’aperto si era fermata: si pensa a itinerari meno frequentati, ci si chiede se limitare le distanze da percorrere sia un buon modo per contenere le situazioni fuori dal nostro controllo. E, forse, proprio la riconquista degli spazi aperti è il momento per una riflessione su quanto è accaduto, sui segni a volte invisibili che l’emergenza ci ha lasciato addosso. Perché, se il cammino diventa meditazione, il viaggio a piedi si trasforma in introspezione e ci aiuta a ripartire con più serenità. Magari, dopo un viaggio a piedi, apprezzeremo la lentezza che l’emergenza aveva imposto a molti, anche a chi proprio non l’avrebbe mai cercata.