Le Prealpi Orobie sono poco innevate nel tardo inverno 2023. La maggior parte degli impianti è chiusa, con i cannoni da neve puntati al cielo senza alcuna speranza di un impiego. Al passo della Presolana (1300 metri di quota) è aperta solo la pista da bob estivo: si scivola sul metallo invece che sulla neve. Per trovare il bianco bisogna scegliere versanti poco assolati e superare i 1600 m s.l.m. E per godersi il paesaggio bisogna pensare ad almeno una notte in rifugio di montagna.

Vista della val di Scalve dal rifugio Albani, in provincia di Bergamo.

Photo by Laura Antoniolli

 

Il sentiero che da Colere porta al rifugio Albani è un dislivello di 900 m senza tregue. Inizia in forma di carrareccia, poi diventa sentiero nel bosco, infine un tracciato su un versante innevato. La neve è battuta e ghiacciata, si cammina con i ramponi per evitare di retrocedere a ogni passo. Cè soprattutto silenzio, o il tuo affanno se parti poco allenato o troppo baldanzoso. Ogni tanto incroci altri camminatori e ci si risponde “ciao” senza aggiungere altro, in una confidenza solo apparente.

Il rifugio si sporge con la sua veranda a palafitta dai piedi della parete nord della Presolana, verso la val di Scalve: osserva con discrezione i dintorni e te che ti avvicini. Al tuo arrivo però non vieni notato, se non entrando nella sala ristoro: il primo benvenuto è fatto di un “Lasciate ogni rampone voi che entrate”, affisso sulla porta dingresso, e dellindifferenza del cane pastore Birba che dorme sul davanzale di una finestra. Sembra scontato che le due ore e mezza di cammino e la brezza cresciuta con la quota richiedano un bombardino o a una cioccolata calda prima di ogni rapporto umano.

Una buona tazza di cioccolata calda è una soluzione per rifocillarsi appena raggiunto il rifugio.

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La vita nei rifugi di montagna ha regole uguali ovunque: lo spazio va condiviso e come tale tenuto in ordine, gli scarponi si abbandonano prima di entrare nelle camere, il cibo è caldo e sostanzioso, ci si dà del tu e il caldo è soprattutto il frutto della vicinanza tra essere umani. Cè chi ne fa una scelta di vita e di valori, cè chi accetta le regole riconoscendone lutilità nel contesto ambientale specifico ma non resisterebbe più di qualche giorno.

Ci si trova al bivio tra unintimità forzata e la sua totale assenza: Sandra, la rifugista, racconta delle sue esperienze in Nepal, che spiegano le bandiere di preghiera sulla ringhiera della veranda; una voce maschile dice di appartenere a un appassionato scalatore di Genova e che quel che sa di francese è il frutto di assidue letture di guide sulle vie di arrampicata in Francia; una coppia, lui con giacca a vento giallo canarino e lei in total black, indicano le foto di una miniera sulla parete alle tue spalle. Nessuno sta parlando con te ma tu finisci sempre in mezzo ai discorsi altrui.

La vita nei rifugi di montagna è uguale ovunque.

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Nulla come la combinazione di fatica fisica, esposizione al freddo e cena a base di polenta concilia il sonno, quindi dormire bene in un rifugio di montagna potrebbe essere scontato. Lesito della nottata di riposo risente però delleffetto di altri elementi, come la mancanza di tende o persiane che riducano lingresso della luce dalla finestra (per quanto piccola), la tua capacità di muoverti nel sacco lenzuolo senza finirci intrappolato, la combinazione della temperatura dellambiente con quella garantita dal piumone e la presenza di altre persone nella stanza.

Laria fresca del mattino e le nuvole del colore che annuncia la neve ti risvegliano qualunque sia stato il tuo bilancio notturno, mentre la colazione con burro e marmellata ti prepara per imprese ben più ardue della via del ritorno. Così, mentre scendi lungo il sentiero per rientrare verso casa, hai sufficienti energie per pensare di pianificare unaltra escursione, alla scoperta di un nuovo rifugio.