Aspettavano le feste. Era fine novembre e qualcuno aveva iniziato a scrivere che il 2020 era stato fino a quel momento un buco nero: niente viaggi da marzo, «questo non è vivere, è sopravvivere». Con i viaggiatori è così, li chiudi in casa e li vedi appassire lentamente, come piante senza luce né acqua. Una lenta agonia il 2020 dei viaggiatori (e dell’intero settore). Sembrava del tutto irrealistico che li fermassero anche a Natale, ma il buco nero dei mesi precedenti aveva insegnato loro a non abbassare la guardia.

Avevano saputo superare la frustrazione da cancellazioni, lo sconforto per i voucher, la fustigazione del dietrofront dopo gli slanci per la riapertura parziale della gabbia di casa.

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Avevano saputo superare la frustrazione da cancellazioni, lo sconforto per i voucher, la fustigazione del dietrofront dopo gli slanci per la riapertura parziale della gabbia di casa. Si erano messi all’opera per cercare nuove mete, studiando la geografia per poi passare all’astronomia e non perdere così l’occasione di orientarsi sulle navicelle spaziali. Avevano rispolverato i vecchi ricordi, uno a uno e più di una volta, riletto tutti i diari di viaggio e digitalizzato le diapositive dei viaggi di nozze di nonni e bisnonni. Qualcuno aveva avuto anche il tempo di attraversare una crisi d’identità, scoprendo che dopo una vita dedicata a organizzare viaggi intercontinentali subiva il fascino di piccole isole a meno di due ore di volo da casa. I più pratici con la procrastinazione avevano traslato i trucchi del mestiere sulle partenze, altri avevano iniziato pratiche meditative.

«È solo questione di tempo» si dicevano. Una consolazione? Un tentativo estremo di non perdere il senno?

Poi, a inizio dicembre, non ce la fecero più. Che cosa avrebbe potuto desiderare un viaggiatore per il Natale 2020 se non un weekend fuori casa?

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Poi, a inizio dicembre, non ce la fecero più. Che cosa avrebbe potuto desiderare un viaggiatore per il Natale 2020 se non un weekend fuori casa? In fondo chiedevano solo di mettere il piedino fuori dalla propria regione prima di perdere la testa per una sfiammata di rabbia. E, invece, nulla da fare nemmeno per Natale o Capodanno o l’Epifania. Alcuni iniziarono a vedere le puntine sui planisferi come piccole lapidi, altri a subire frequenti indigestioni, altri a parlare da soli. La catastrofe vera e propria, però, si sarebbe potuta evitare: sarebbe bastato che i parenti stretti non pensassero di risollevare il morale dei viaggiatori regalando loro la Guida per salvarsi la vita viaggiando – 500 esperienze e luoghi per stare bene della storica Lonely Planet. Fu così che i viaggiatori iniziarono a odiare la parola “viaggio”.