Nel variegato mondo dei viaggi, la fotografia è diventata come il prezzemolo in cucina (non la nota di verde, ma presente ovunque!). Anche trascurando i viaggi fotografici concepiti per professionisti o appassionati, che hanno il miglioramento tecnico e l’originalità dello scatto come ragion d’essere, e quelli esperienziali, durante i quali la fotografia diventa un gioco per mettersi alla prova, è raro incontrare un viaggiatore che scelga di non riportarsi a casa un’immagine dentro al proprio bagaglio. Colpa degli smartphone, che sono lì nelle nostre mani per tanti altri motivi e che sanno prestarsi benissimo a scatti fotografici di qualità?

Forse un po’ sì, perché sono pratici, rapidi e spesso con noi. Forse un po’ sì, perché sono l’immediata valvola di sfogo per la smania di partecipazione sugli stati di WhatsApp e le storie di Facebook o di Instagram. Forse un po’ sì, perché ci forniscono un modo moderno di collezionare piccoli ricordi che non prendono polvere, occupano uno spazio impalpabile e che potremmo non dover mai selezionare per fare spazio al nuovo (anche perché le foto finiscono per essere più numerose dei Minions e per fare ordine e pulizia non basterebbero i consigli di Marie Kondo).

Forse, però, questo sovraccarico di immagini non è solo la deriva di una tecnologia, ma la testimonianza di tanti desideri individuali.

C’è chi è molto pragmatico. Se il viaggio è una professione, la fotografia sostituisce le parole per creare il moderno curriculum vitae secondo la regola non scritta “mostrami che viaggi fai e saprò chi sei”. E postare foto su Instagram diventa la soluzione al dramma delle serate delle fotografie di viaggio: niente più lunghe proiezioni di foto, niente noia imposta o subita, solo la libertà di scegliere il luogo e il tempo per curiosare le foto di conoscenti e amici, dribblando le immagini che non ci emozionano.

Altri confessano il proprio desiderio di essere riconosciuti anche lontano da casa. Gli scatti che in passato potevano essere mostrati al massimo ad amici e parenti adesso arrivano letteralmente al polo opposto del mondo, e possono gironzolare lungo meridiani e paralleli (quasi) senza confini. Ma non è solo questione di rendersi visibili, è anche questione di mettersi in osservazione degli scatti altrui, di lasciarsi solleticare dalle immagini degli altri, ritrovandosi a seguirne la geolocalizzazione per capire dove si trova quel posto e inserirlo nella propria lista dei desideri. Con la speranza che i propri scatti e le proprie parole siano di ispirazione per gli altri.

Per alcuni il viaggio è la condizione della quotidianità: c’è chi lavora viaggiando, magari a bordo di un treno. E se non c’è passione per l’esperienza del viaggio, la quotidianità diventa fatica. Allora le fotografie si mischiano alle parole per raccontare la propria passione e invogliare gli altri a viaggiare, in una corsa che superi ogni muro e abbatta tutte le frontiere.

Allora le fotografie si mischiano alle parole per raccontare la propria passione e invogliare gli altri a viaggiare, in una corsa che superi ogni muro e abbatta tutte le frontiere.

C’è chi vuole essere testimone di una realtà lontana e raccontarne le storie. Un po’ nostalgico delle proiezioni delle diapositive di un tempo, è legato a una visione spontanea e magari polverosa della realtà e sfugge dalla versione patinata e protagonistica di alcuni canali di condivisione online. L’idea che il viaggio sia un’esperienza che insegna, che richiede l’impegno della curiosità e l’apertura all’altro, è ciò che fa puntare l’obiettivo e scattare la foto.

E poi non tutti fanno una distinzione netta tra viaggio e quotidianità, cioè la motivazione che li spinge a fotografare in viaggio è la stessa che li porta a scattare foto tutti i giorni. Collezionare momenti della vita, creare un catalogo di bellezze ed emozioni che diventi il punto di incontro con gli altri, vicini e lontani, spinti dall’idea che la vita sia una passeggiata lungo le strade del mondo della quale apprezzare tutte le sfaccettature.