È la terza volta che torno a trovare la mia città preferita. Lisbona è discreta, per nulla invadente; ti dà respiro e te lo toglie inaspettatamente, con le sue case aggrovigliate dai colori sbiaditi e allo stesso tempo vivacissimi, dove la saudade del fado si mescola con i ritmi di Cais do Sodre.

La prima tappa è, come sempre, in Rua Garret. Ci aspetta A Brasileira, il caffè dove Fernando Pessoa amava riposarsi e riflettere sulla vita, sorseggiando una dolcissima ginjinha. Per dirla con le parole del poeta: «La vita è ciò che noi facciamo di essa, i viaggi sono i viaggiatori e ciò che vediamo non è quello che vediamo ma quello che siamo».

Da Rua Garret ci spostiamo verso Rua Trinidade per una cena alla Cervejaria Trinidade, ricavata da un antico convento di monaci che risale al 1200: un piatto di baccalà alla conventual e birra della casa e non si resta mai delusi.

Da qui camminiamo verso Largo do Carmo e l’elevador de Santa Justa, per scendere poi in Rua Augusta e arrivare in Rua Aurea, assaporandola passo dopo passo rapiti dalla sua bellezza. Le luci dei lampioni si riflettono confuse sul mosaico della strada ormai consumato dall’andirivieni di fiumi di persone. In lontananza si intravvede l’Arco do Triunfo che immette nell’immensa Praça do Comércio: attraversandola già si sente il mormorio del fiume Tejo, che accompagna la città da sempre.

Si può visitare la magnifica Torre de Belém e, naturalmente, il Castello di Lisbona (Castelo de São Jorge), uno dei simboli della città e luogo di partenza per l’ignoto in cerca di nuove terre.

Poco a poco cresce la voglia di lasciar lontano ogni pensiero e perdersi nelle stradine del Bairro Alto, dove le vecchie lanterne sfiorano i panni ancora stesi. La cosa migliore è fare colazione con un caffè forte e pasteis de nata e infine ripartire percorrendo la Ribeira das Naus per tornare in Praça do Comércio. Da qui possiamo prendere un tram fino al Sé de Lisboa: la splendida Cattedrale di Santa Maria Maggiore, la più antica del Portogallo, ci attende nel quartiere dell’Alfama, la parte più suggestiva e poetica della città.

Nell’Alfama le case sono completamente rivestite di azulejos e disegnano vicoli stretti e intrecciati, come le fibre di vecchie sedie impagliate. Il piacere di perdersi in un labirinto d’altri tempi supera la fatica della salita. Minuscoli negozi di alimentari, piccole piazze ornate di alberi d’arancio, nostalgiche melodie del fado,  panni stesi alle finestre, odore di frittura di pesce, chiacchiere di quartiere: l’elenco sarebbe lungo, e non riuscirebbe comunque a raccontare la magia di quest’angolo incantato.

Arrivati al Miradouro de Santa Luzia è bello sedersi su una panchina a guardare i tetti di coppi,  ammirare gli azulejos bianchi e azzurri, godersi lo spettacolo del Tejo, ascoltare il vento dell’Atlantico, lasciar passare il tempo mentre si assapora l’atmosfera che circonda la città.

Altre cose da fare: cercare una vecchia locanda in Rua de Sao Pedro dove pranzare, mangiare sardine alla griglia e cerveja Sagres e pensare alla serata da trascorrere al Parreirinha da Alfama per godersi un concerto di fado. Si può visitare la magnifica Torre de Belém e, naturalmente, il Castello di Lisbona (Castelo de São Jorge), uno dei simboli della città e luogo di partenza per l’ignoto in cerca di nuove terre.

È d’obbligo salire sul 28, un vecchio tram degli anni ’30, sedersi sulle rigide panche di legno e ascoltare il suo sferragliare su e giù per gli stretti vicoli dell’Alfama, scendere oltre la Cattedrale, entrare in Baixa, sfiorando porte e finestre delle case. Ogni frenata è un sussulto, anche mentre si risalgono le vie del Chiado e si costeggia il Bairro Alto, oltrepassando Campo de Ourique fino a raggiungere il capolinea in Largo Martim Moniz. Qui è ormai ora di scendere per passeggiare fino al Rossio e sedersi in un bar per concedersi un’altra cerveja Sagres mentre si ammira il cuore pulsante della città.

Per cenare, ci si può avviare lentamente verso il ristorante Bota Alta, in Travessa da Queimada: prima di andarsene, è d’obbligo assaggiare una lacrima di Porto Messias del ’63.

Durante l’ultimo giorno a Lisbona è bello prendere un tram e scendere in Rua Belem: proprio di fronte alla fermata si trovava l’Antigua Casa dos Pastéis, una delle pasticcerie storiche di Lisbona. Ecco il luogo perfetto dove fare colazione, perdendosi in un rincorrersi di labirinti ornati di azulejos prima di ordinare caffè lungo e pastéis calde da cospargere di cannella e zucchero a velo, senza riuscire a carpire il segreto della ricetta di questa delicatezza senza tempo.

Si resta incantati dalla maestosità del Monastero dos Jerònimos, indiscusso capolavoro del periodo manuelino eretto a celebrare la scoperta della Via per le Indie da parte di Vasco da Gama.

Paghi della bontà della colazione, è ora di dirigersi verso Praça do Império, dove si resta incantati dalla maestosità del Monastero dos Jerònimos, indiscusso capolavoro del periodo manuelino eretto a celebrare la scoperta della Via per le Indie da parte di Vasco da Gama; è incredibile la magnificenza dei portali, delle colonne, dei soffitti, del chiostro, della tomba in cui è sepolto l’esploratore.

L’ultima sera è da passare al Doca de Santo Amaro: i vecchi magazzini che un tempo servivano al rimessaggio delle barche sono stati trasformati in pregevoli ristoranti e locali notturni. Qui si può cenare al Doca Peixe  guardando chiatte e battelli che sfilano via; il ponte 25 de Abril  fa da tetto e il Cristo Rei indica la via da seguire per il prossimo viaggio.